Quando ripartire fa male

Partire è un po’ morire.

Edmond Haraucourt

 

Non avevo troppe aspettative da queste vacanze italiane. La scelta di passare qualche settimana in Italia era quasi obbligata: le rispettive famiglie richiedevano la nostra presenza.

“E quando torni?”

“E quanto resti?”

Tornare per le feste era la scelta migliore: tutti e due non lavoravamo, mia sorella tornava dall’Australia, le famiglie avevano le ferie.

Non sono state proprio vacanze: pranzi e cene abbondanti, tanti dolci da assaggiare, mattinate in uffici, visite obbligate a parenti, tantissimi auguri scambiati, freddo, nebbia e niente neve. Una corsa contro il tempo per cercare di comprare tutto quello che serviva, riuscire a vedere tutti prima della partenza, e sbrigare alcune pratiche burocratiche.

Un Natale ognuno con la sua famiglia (perché quando le famiglie vivono a 100 km di distanza, non si riesce mai a mettersi d’accordo) e un capodanno alternativo con la famiglia allargata, uno dei migliori che abbia passato in questi ultimi anni.

E inspiegabilmente, quando si avvicina il giorno della partenza, l’agitazione mi afferra lo stomaco, una lacrima in stazione scende, e vorrei poter già essere a casa mia.

Partire non è facile. Tornare neanche. Ripartire, ancora meno.

Perché ogni volta saluti e abbracci tutti -o meglio, le persone a cui tieni, quelle che importano-. Poi non sai quando e se le rivedrai: continui a sperare che prenderanno un aereo e verranno a trovarti, ma non sei convinta. Ti eri quasi abituata a quella strana situazione in cui tua madre veniva a bussarti alla porta per chiamarti a pranzo, tuo padre ti faceva vedere scatole di prodotti che usciranno presto in commercio, tua sorella si sedeva sul letto la sera con tanta voglia di parlare, tuo fratello ti faceva scegliere un film da guardare assieme, tua cugina ti invitava a cenare, tua nonna ti continuava a chiedere instancabile quando tornerai a casa definitivamente, ti sposerai e le darai un nipotino.

Cose a cui eri abituata tanti anni prima, la routine dei tuoi ultimi 20 anni. La vita che avevi vissuto tutti i giorni, che gli altri avevano scelto per te.

Quella che tu, però, un giorno hai deciso di cambiare, di alterare, di stravolgere.

E così quella routine è sparita e riaffiora soltanto velata dai ricordi di una vita che non ti appartiene più. Perché intanto sei partita, sei cambiata, sei cresciuta, di routine non ne hai più avute per un po’, fino a quando finalmente hai trovato la tua casa, ti sei fermata con l’intenzione di mettere radici, e di routine ne hai creata una tutta tua.

Ed ora è quella routine che ti manca. Ti manca da morire ogni volta che la lasci.

Perché non è una di quelle routine che ti stancano, da cui vorresti scappare.

L’hai scelta tu, è il tuo equilibro, la tua felicità, la tua vita.

E nella mia, c`è Minorca. La mia casetta con giardino, il mio Pescatore, i nostri amici, le passeggiate, le spiagge, il mare.

 

Tra due giorni torneremo sull’isola, dopo 25 giorni fuori.

 

Finalmente.

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